Double Truth

DOUBLE TRUTH
Exhibition view
Unimedia Modern and Vision Quest galleries, Genoa, 2017

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Unimedia Modern and Vision Quest galleries, Genoa, 2017

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Unimedia Modern and Vision Quest galleries, Genoa, 2017

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Unimedia Modern and Vision Quest galleries, Genoa, 2017

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Unimedia Modern and Vision Quest galleries, Genoa, 2017

  • ABOUT THIS EXHIBITION

  • LA DOPPIA VERITÀ

     

    Nell’epoca in cui il concetto di post-verità pare suggerire il superamento del concetto di Verità fino a causarne la perdita d’importanza, ponendolo in relazione con l’emotività e le convinzioni personali a discapito dei fatti verificabili, questa doppia mostra di Silvio Wolf, come una freccia puntata simultaneamente in due direzioni, interroga l’idea di Verità attraverso una doppia posizione: la realtà del mezzo fotografico e quella che in esso si riflette.

    Nella sede di VisionQuest l’artista presenta la serie Horizons, immagini astratte del linguaggio, della luce e del tempo auto-generate all’interno del mezzo in assenza di alcun referente esterno.

    Nella sede di Unimedia Modern l’installazione Shivah riflette sulla posizione cruciale dell’osservatore nell’attribuzione di senso a ciò che l’immagine rivela.

    In entrambe le mostre, la dimensione linguistica e quella esperienziale sono intimamente connesse. Orientando la sua riflessione contemporaneamente verso l’interno e l’esterno, Wolf produce immagini letterali e simboliche che analizzando l’intervallo tra concetto ed esperienza, esplorando il rapporto sotteso tra la natura delle cose e la loro immagine apparente. In tutte i lavori è fondamentale la relazione tra opera e sguardo: visione e significato sono variabili di un unico percorso che pone attivamente il Soggetto al centro dell’opera. Consapevole che l’attuale condizione bulimica indotta dall’eccessivo consumo d’immagini, stia producendo un radicale impoverimento dell’esperienza visiva e l’incipiente cecità dello sguardo, l’opera di Wolf suggerisce la ricerca di una condizione di rallentamento e di ascolto, orientando l’osservazione verso la centralità del Soggetto, colui che vede, per offrire un nuovo orizzonte interpretativo al pensiero sulla Fotografia. 

     

    VisionQuest: Horizons 

    Nella serie Horizons Wolf esplora il potenziale linguistico degli spezzoni iniziali di pellicola fotografica auto-esposta alla luce durante il processo di caricamento dell’apparecchio fotografico. Attraverso l’atto d’appropriazione di questi scarti del processo foto-chimico, l’artista produce immagini apparentemente astratte, nelle quali la luce agisce direttamente sul materiale fotosensibile e al di là dell’intenzione del fotografo, prima del suo primo scatto. 

    Queste immagini pre-fotografiche sono il risultato di un processo off camera che avviene in camera, non immagini ottiche. Esse rivelano sempre una soglia: quel limite tra luce e oscurità, materia e linguaggio attraverso il quale Wolf indaga l’idea di photography before the picture.

    Gli Horizons possono essere considerati una condizione ultimativa dell’immagine foto-grafica, nella quale il linguaggio si manifesta senza l’intervento diretto del soggetto, come se l’uomo e il linguaggio agissero in un rapporto che non necessita più di alcun oggetto a loro esterno. In queste immagini astrazione visiva e oggettività fenomenica coincidono nella forma di pure interpretazioni della luce fotograficamente rivelata: sono attribuzioni di senso a oggetti fotografici, non scatti.  

     

    Unimedia Modern: Shivah

    La serie Shivah indaga l’ambigua e segreta natura delle immagini, approfondendo la ricerca di un rapporto diretto, contemplativo e partecipe da parte dell’osservatore. Le superfici semi-riflettenti dei lavori sono coperte da un velluto nero che le protegge dalla luce, occultandole allo sguardo. Come preziosi dagherrotipi, sono esposte alla luce solo quando il Soggetto le scopre e le osserva, apparendovi riflesso da multipli punti di vista. Coperte, le opere appaiono come buchi neri foto-assorbenti, affinché l’immagine, celata e protetta, possa essere immaginata, pensata e ricordata. Scoperte, trasformano lo spazio in una magica galleria degli specchi che pone al centro l’osservatore, protagonista e interprete del lavoro.

    Gli Shivah sono ispirati metaforicamente alla tradizione Tibetana secondo la quale le immagini sono visibili solo durante la preghiera, e a quella Ebraica che prescrive di coprire le immagini e gli specchi durante i giorni di lutto. 

    Le opere di Wolf sono sia oggetti simbolici, sia luoghi di riflessione, identità e interrogazione; queste attive soglie della percezione collegano tra loro tempi e luoghi diversi unificati nel Perfetto Presente dell’esperienza, creando una relazione fortemente soggettiva tra sguardo e immagine: è l’esserci che dona loro significato e splendore.