Man Ray Effect #2
in “Effetto Man Ray #2”, exhibition catalogue, Spazio Contemporanea, Brescia, Edizioni Nuovi Strumenti, Brescia 2017
Silvio Wolf was already part of the list of authors for the previous “Effetto Man Ray” exhibition and here he is sort of representing a link. At the time, he was a young photographer who paid attention to the transformations that the use of the camera in an artistic context was implementing in different ways. Back then, we exhibited his artwork “Cambi d’Orizzonte” (“Changes of Horizon”), which was a diptych in Cibachrome from 1977 that was expressing the relationship between time and space, as I was indicating in the short personal caption dedicated to him in the catalogue. Logical and conceptual expressive action quite used in that period, but, because of the contents freshness and the technical expertise, it was displaying him as a real promise to deal with in order to participate in his progresses. Prediction that he proved right in a really short amount of time.
In 1989, I dedicated him our first solo exhibition that was part, amongst others, of the incipit of a newly opened space in Via Pastarengo, in the Isola district of Milan, indeed dedicated to the installation ideas of a new generation of artists that I was aiming to promote.
“ENCLAVE, progetto di fusione spaziotemporale” (“ENCLAVE, space-time fusion project”), I believe was an important exhibition both for me and for the artist, who was really committed to its great success. It was a sort of environmental recreation dedicated to the Islamic colours and to fragments of some of its iconographic aspects, the whole thing carried through the space as it was a small enclave from which just a cute notebook was left.
Since then, we started hanging out with each other, this relationship brought us, after a few group exhibitions with other authors from the same context, to the production of the installation “Condomini” (“Condominiums”) in 1992, displayed in my gallery in Via Gramsci in Brescia, where the artist exhibited himself in symbiosis, in a “double flight”, with Franz Kafka, recalling his presence to comment the Primo Raduno Aviatorio Internazionale di Montichiari (First International Aviation Convention) in 1901. It might have been one of the most beautiful and complex exhibition I’ve ever realised. In that period, our collaboration had its climax with the publication of an important monograph about his work, summarising most of it, titled “Light Specific”.
Even though my career as a gallerist was then drawing to a closure, I didn’t stop taking care of his work and following him step by step also in the transformations, which, even though they were consequent to each other in nature, were growing in nature and drying out in shape.
His current work, which is partially going to be displayed, could look like it is dedicated to the making of “abstract” photography. I said “look” because the definition of this oxymoron has subtended within itself a “realistic” form too. In fact, in “Soglie a Specchio” (“Mirrored Threshold”), the subject is a curtain repeatedly moved by a public pedestrian who, vanished due to a long exposure, disappears from the image leaving instead a series of geometric forms emphasized by the mirrored support. Finally, in “Orizzonti” (“Horizons”), the subject is the enlargement of the first piece of photographic film exposed to the light during the loading process, which then becomes the threshold between darkness and light creating a completely abstract picture.
Effetto Man Ray #2
GIORGIO VERZOTTI
in “Effetto Man Ray #2”, catalogo mostra, Spazio Contemporanea, Brescia, Edizioni Nuovi Strumenti, Brescia, 2017
Silvio Wolf apparteneva già all’elenco degli autori presenti nel primigenio Effetto Man Ray e qui ne rappresenta in qualche modo un legame. Era allora un giovane fotografo attento alle trasformazioni che l’uso del mezzo in un contesto artistico stava mettendo in campo da più parti. L’opera che esponemmo in quell’occasione “Cambi d’Orizzonte”, era un dittico in Cibachrome del 1977 che ben esprimeva il rapporto tra lo spazio ed il tempo, come indicavo nella breve didascalia personale che gli dedicai in catalogo. Azione espressiva logica e concettuale abbastanza usuale nel periodo ma che per la freschezza dei contenuti e la perizia tecnica lo mostrava come una vera promessa di cui occuparsi per parteciparne gli sviluppi. Previsione che lui non smentì ed in tempi assai brevi. Nel 1989 gli avevo dedicato la nostra prima mostra personale che faceva parte, tra altre, dell’incipit di un nuovo spazio da me aperto in via Pastrengo nel quartiere Isola a Milano, appunto dedicato alle ideazioni installative di una nuova generazione di artisti che intendevo promuovere.
“ENCLAVE, progetto di fusione spazio-temporale” credo sia stata una mostra importante sia per me che per l’artista che alla sua buona riuscita si impegnò molto. Era una sorta di ricostruzione ambientale dedicata ai colori dell’Islam ed a frammenti di alcuni suoi aspetti iconografici, il tutto trasportato nello spazio come se fosse una piccola enclave di cui resta un delizioso quaderno.
Da allora iniziò una comune frequentazione che ci portò, dopo alcune mostre collettive con altri autori dello stesso contesto, a produrre l’installazione “Condomini” nel 1992 nella mia galleria di via Gramsci a Brescia dove l’autore stesso si espose in simbiosi, in un “doppio volo”, con Franz Kafa, rievocando la sua presenza per commentare il Primo Raduno Aviatorio Internazionale di Montichiari del 1901. Forse una delle più belle e complesse mostre che io abbia mai realizzato. La nostra collaborazione culminò in quel periodo con la pubblicazione di una monografia importante sul suo lavoro, che lo ricapitolava in gran parte, intitolata “Light Specific”.
Nonostante il mio lavoro di gallerista stesse a quel tempo volgendo al termine non smisi di occuparmi del suo e di seguirlo passo passo anche nelle trasformazioni che seppure di natura conseguente l’una all’altra si accrescevano nella natura e si asciugavano nella forma. Il suo lavoro attuale, che in parte esponiamo, potrebbe apparire dedicato alla formulazione di una fotografia “astratta”. Dico apparire perché la definizione di questo ossimoro ha in sé anche una formula “realistica” che la sottende. Nelle “Soglie a Specchio” infatti il soggetto è una tenda scostata ripetutamente da un pubblico passante che, vanificato da una lunga esposizione, alla fine scompare dall’immagine lasciando posto ad una geometrizzazione di forme enfatizzate dal supporto specchiante. Negli “Orizzonti” infine il soggetto è l’ingrandimento del primo tratto della pellicola fotografica impressionata dalla luce durante il processo di caricamento che diviene una soglia tra buio e luce formando un’immagine totalmente astratta.
Da “Effetto Man Ray, l’uso del mezzo fotografico nell’arte contemporanea”, Edizione Nuovi Strumenti, Brescia, 2006
Silvio Wolf, a partire da un’indagine sulla luce, negli anni Ottanta si applica ad un lavoro dedicato essenzialmente ai luoghi, che sono il punto di partenza di rimandi lessicali e visivi ricostruiti in un’installazione fotografica multi-espressiva. Il suo lavoro in questo contesto si fa sempre più aniconico, perché per aderire alle multiformi suggestioni del luogo esce dalla costrizione di un’unica immagine e si allarga alla proiezione ed all’installazione multimediale e sonora. In seguito il suo lavoro si riavvicina all’opera con le “Icone di Luce” che sono delle fotografie-oggetto che riproducono la visione di antichi quadri ripresi di sbieco, punto di vista ripreso dalla struttura oggettuale dell’opera, di cui si intuisce solo il contorno della cornice, essendo il soggetto pittorico interno al quadro sparito sotto l’effetto di un violento colpo di luce al momento dello scatto.