Conversation with Silvio Wolf
in "Light Specific", monograph, Nuovi Strumenti, Brescia 1995
in "Arte e Cronaca" N. 6, Lecce 1987
Silvio Wolf: Photography is made transparent and annulled by the abuse of images. Photography as such has disappeared while it has not at all finished with the objective representation of things. It should, however, be treated as a code, equivalent to the code of painting, which allows an approach with space as long as you know how to use it. Space is a dimension that can be worked on with techniques.
Martina Corgnati: Silvio Wolf feels free to act with respect to space because it is offered naturally. In his photography there are many spaces that intertwine with each other: internal space relevant to the image because it represents the space. In a recent work (Belvedere) this space is broken up even further in the space of the surface of a mirror and in the virtual space inside it. Furthermore there is the dimensional space of the cibachrome, a paradoxical and limiting condition of the language that is so thin that it annuls the reality value of the third dimension and is just a threshold between inside and outside.
SW: My work always concerns questions of a linguistic nature so that the images are finished forms of an object inside a language, which has light and time as its signs. The photography, a given fact, is a place of possible coincidence between inside and outside, which is to say between space (light = visible space) and time.
MC: The notion of time, in Silvio Wolf’s work, refers to a concept which in this case too is not uniform: the time in which an image is formed (photo impression) which is to do with the incontrovertible banality of train timetables; the time of wine cellars, that which passes between the moment when the raw photographic material is accumulated and that in which it is selected, about two years, during which Silvio Wolf has changed sensorially and mnemonically with respect to the immobile images; the missing time in the experience of a photograph, the instantaneous blindness which makes it possible to transfer a visual experience to a film; finally, time inside the work or what is represented.
SW: To understand what I mean by represented time, it is enlightening to consider a work by Peter Breugel the Elder (Danza di Contadini, Vienna). A set of figures dances, completely involved in the time of the work. Just one couple is running to reach the others, coming from a different time outside the picture with the result that one of the woman’s feet has not come into the canvas, it is still over here. A fantastic crossroads of dimensions, marked out by a diagonal and all in 114 x 164 cm. You don’t need much.
MC: Breugel, though, painted. Silvio Wolf photographs, makes images and experiments. One doesn’t ask oneself questions about time as a conceptual category.
SW: What counts are the deep formal structures of the mind, like the diagonal in Breugel. There is an interest in moral questions in his work, expressed almost didactically. There is something similar in J.S. Bach. I am thinking of the Art of the Fugue which I encountered in Berlin in 1982. Bach started with a simple and powerful theme to construct a solid and liquid combining work of art.
MC: Silvio Wolf performed B.A.C.H., a work on jets of water.
SW: Water is an infinite possibility of image and life. In photography change is effected in the sense of instantaneousness and simultaneousness.
MC: People speak of an artificial condition produced with a finished work, which is in fact the presence together of many instantaneities presented simultaneously (polyptychal). The linear succession of events, the sequence, as old as daily existence, is therefore shattered.
SW: This is similar to the idea of musical harmony, a single sound which comprises all of them but which respects the uniqueness of the individual parts. With a musical score, all that is actually accomplished visually.
MC: The form that is sought is balance, worked order of the parts. The composition develops as simultaneity but also as space.
SW: The external images correspond to certain autonomous mental images that are pre-existing and relate to exploration of the world. There is a sort of clairvoyant sense in special zones of the real where some answers seem possible. The selection is a form of love.
MC: Love chooses a place, a particular point in external reality by which Silvio Wolf is pierced. Something is held back in this process, the photography, and the finished work returns it to the world.
Conversazione con Silvio Wolf
MARTINA CORGNATI
in “Light Specific”, monograph, Nuovi Strumenti, Brescia 1995
in “Arte e Cronaca” N. 6, Lecce, 1987
Silvio Wolf: La fotografia è resa trasparente e annullata dall’abuso di immagini; la fotografia in quanto tale è sparita mentre essa non si esaurisce affatto nella rappresentazione oggettiva delle cose. Va invece trattata come un codice, equivalente al codice pittorico, che permette un approccio con lo spazio, a patto si saperlo usare. Lo spazio è una dimensione che può subire elaborazioni tecniche.
Martina Corgnati: Silvio Wolf si sente libero di agire rispetto allo spazio perché esso si offre naturalmente. Nella sua fotografia gli spazi sono tanti, si insinuano l’uno nell’altro: lo spazio interno, a cui l’immagine è attinente perché lo rappresenta, che in un lavoro recente (Belvedere) arriva a ulteriormente scomporsi nello spazio della superficie di uno specchio e quello virtuale nel suo interno. Inoltre, lo spazio dimensionale del cibachrome, paradossale, condizione limite del linguaggio, tanto sottile da annullare il valore di realtà della terza dimensione ed essere soltanto una soglia fra interno ed esterno.
SW: Il lavoro è sempre inerente a questioni di natura linguistica, tanto che le immagini risultano forme compiute di un oggetto interno al linguaggio, i cui segni sono la luce e il tempo. La fotografia, dato concreto, è luogo di coincidenza possibile fra interno ed esterno, cioè fra spazio (luce = spazio visibile) e tempo.
MC: La nozione di tempo, nella ricerca di Silvio Wolf, si riferisce a un concetto, anche in questo caso, non univoco: il tempo di formazione dell’immagine (fotoimpressione), che ha a che fare con la perentoria banalità dell’orario dei treni; il tempo delle cantine, quello che passa fra il momento in cui il materiale fotografico grezzo viene accumulato e il momento in cui viene selezionato, circa due anni, durante i quali Silvio Wolf è cambiato sensorialmente e mnemonicamente rispetto alle immagini immobili; il tempo mancante nell’esperienza del fotografo, la cecità istantanea che permette di trasferire l’esperienza visiva alla pellicola; infine, tempo interno al lavoro o rappresentato.
SW: “Per capire cosa io intendo per tempo rappresentato è illuminante riferirsi a un’opera di Pieter Bruegel il Vecchio (Danza di Contadini, Vienna). L’insieme delle figure danza, completamente coinvolto dal tempo dell’opera. Una coppia soltanto sta precipitandosi a raggiungere gli altri: arriva da un tempo diverso, fuori dal quadro, tanto che un piede della donna non è entrato nella tela, è ancora al di qua. Fantastico incrocio dimensionale, scandito da una diagonale; il tutto in 114 x 164 centimetri. Basta poco.
MC: Bruegel però dipinge, Silvio Wolf fotografa, fa immagine e sperimentazione. Non ci si interroga sul tempo come categoria concettuale.
SW: Quello che conta sono le strutture formali profonde della mente, come le diagonali in Bruegel; c’è in lui un interesse per le questioni morali, espresso in maniera quasi didattica. Qualcosa di simile si trova in J.S. Bach. Penso all’Arte della Fuga, da me incontrata a Berlino nel 1982. A partire da un tema semplice e potente Bach ha costruito un’opera d’arte combinatoria, solida e liquida.
MC: Silvio Wolf ha eseguito B.A.C.H., un lavoro sugli zampilli di acqua.
SW: L’acqua è infinita possibilità d’immagine e di vita. Nella fotografia il mutamento è realizzato nel senso della istantaneità e della simultaneità.
MC: Si parla di una condizione artificiale prodotta con l’opera compiuta, che è infatti una compresenza di tante istantaneità presentate simultaneamente (polittico). La successione lineare degli eventi, vecchia come l’esistenza quotidiana, la sequenza, è perciò irresistibilmente frantumata.
SW: Questo è simile all’idea dell’armonia musicale: un unico suono che li comprende tutti ma che rispetta la specificità dei singoli. Nello spartito tutto ciò si realizza addirittura visivamente.
MC: La forma cercata è equilibrio, è ordine elaborato delle parti. La composizione si sviluppa come simultaneità ma anche come spazialità.
SW: Le immagini esterne corrispondono a certe autonome immagini mentali, preesistenti e relative alla esplorazione del mondo. C’è una specie di senso medianico in zone speciali del reale dove alcune risposte sembrano possibili. La selezione è una forma d’amore.
MC: L’amore sceglie un luogo, un particolare punto della realtà esterna da cui Silvio Wolf è attraversato. Qualcosa viene trattenuto, in questo processo, la fotografia; e l’opera compiuta lo restituisce al mondo.
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